Il caffè è una delle materie prime più a rischio a causa del cambiamento climatico. L’innalzamento delle temperature è la causa principale della sua vulnerabilità, ma questa porta con sé altre conseguenze: diminuzione della produttività delle piante, aumento dei parassiti e delle malattie, maggiori costi di produzione, nonché riduzione delle aree coltivabili per effetto dell’erosione del suolo e della deforestazione sono solo alcune delle conseguenze che stanno minacciando la produzione globale di caffè.
Consapevoli della situazione critica che molte delle organizzazioni con cui lavoriamo stanno affrontando, abbiamo intensificato le visite ai produttori di caffè delle nostre filiere, in modo da conoscere direttamente le problematiche che li colpiscono e le azioni messe in campo per provare ad adattarsi. Dei vari paesi interessati, il Guatemala ci offre la testimonianza di due organizzazioni, Asociación Chajulense e Fedecocagua.
Caffè e cambiamento climatico in Guatemala: cosa significa nel concreto per i cafetaleros?
Di fronte agli effetti già reali del cambiamento climatico, molti piccoli produttori di caffè del Guatemala stanno iniziando a guardare al futuro delle loro piantagioni con preoccupazione, per diversi motivi.
Prendiamo come esempio la regione montagnosa dell’Ixil, a nord est del paese, dove la Asociación Chajulense lavora con diverse comunità maya che producono un caffè molto pregiato, a un’altitudine compresa tra i 1300 e i 2000 metri. Qui negli ultimi sessant’anni la temperatura si è alzata di oltre un grado e questo ha generato fenomeni innaturali per le piante di caffè: le fioriture risultano anticipate e plurime, mentre sugli stessi rami si innervano i fiori bianchi e compaiono le ciliegie di caffè verde accanto ai frutti rossi maturi.
«La pianta non ce la fa», ci ha raccontato Don Francisco, coltivatore di caffè nella zona da 40 anni, «impiega molto più tempo a maturare, il raccolto è più scarso e dispersivo, le fioriture sono continue e richiedono cure costanti. Se prima andavamo al campo una volta, ora, con le temperature più alte, siamo costretti a venire nel cafetal molte più volte».
In condizioni di riscaldamento atmosferico le piante di caffè non solo producono meno, ma si ammalano anche più facilmente. La ruggine del caffè (la roya) è la malattia più invasiva degli ultimi anni e il suo impatto può ridurre la produzione fino al 50%. «È una vera piaga nel nostro territorio», ha affermato Romualdo Perez, responsabile commerciale dell’Asociación Chajulense. «Nel 2012 la raccolta dei nostri associati ha prodotto 48 container per l’esportazione; con la comparsa della roya già l’anno seguente i container erano solamente 28 e, dopo la pandemia che ci ha penalizzati perché le persone non potevano lavorare, nel 2021 siamo arrivati a soli 19 container».
Da non sottovalutare è anche l’alterazione dello schema delle precipitazioni. In passato le piogge si distribuivano nel periodo invernale, fino ad agosto, mentre ora sono irregolari, torrenziali ed estreme anche durante i mesi di raccolta, quindi da agosto a novembre e da gennaio a marzo. Questo può provocare tormente, frane, collasso di ponti che spesso bloccano gli accessi all’unica strada della zona e che richiedono lunghi ripristini, in un contesto in cui le infrastrutture sono già fragili. In questi casi le piante di caffè vengono disposte a terrazzamenti, vengono effettuate potature selettive e i terreni vengono tenuti puliti da foglie rami e detriti.
Oltre a essere una questione produttiva e ambientale preoccupante, il cambiamento climatico porta effetti significativi anche in ambito sociale. Il lavoro di raccolta nelle piantagioni è sempre più prolungato, faticoso e più costoso. In un simile contesto i giovani tendono a migrare negli Stati Uniti, rischiando di lasciare i cafetal senza nuove generazioni a prendersene cura. Anche per le donne si profila un cambiamento sociale, dal momento che si ritrovano a occuparsi sia delle comunità che delle piantagioni: oggi sono circa un 15% le donne proprietarie, ma in futuro potrebbero essere molte di più, con effetti sulle abitudini e le tradizioni.
Quanto vissuto dai contadini dell’Asociación Chajulense è analogo a ciò che si trovano ad affrontare milioni di agricoltori nel mondo, molti dei quali potrebbero essere tagliati fuori dal mercato perché incapaci di far fronte ai cambiamenti, favorendo così poche grandi realtà con maggiori risorse economiche. Eppure, come abbiamo raccontato con la campagna europea “Let’s do it fair”, molti produttori hanno sviluppato da tempo delle piccole soluzioni concrete per adattarsi, forti delle profonde conoscenze che hanno dei loro territori e delle materie prime che coltivano. Così stanno facendo anche i contadini del Guatemala.
Caffè e cambiamento climatico in Guatemala: cosa significa nel concreto per i cafetaleros?
Di fronte agli effetti già reali del cambiamento climatico, molti piccoli produttori di caffè del Guatemala stanno iniziando a guardare al futuro delle loro piantagioni con preoccupazione, per diversi motivi.
Prendiamo come esempio la regione montagnosa dell’Ixil, a nord est del paese, dove la Asociación Chajulense lavora con diverse comunità maya che producono un caffè molto pregiato, a un’altitudine compresa tra i 1300 e i 2000 metri. Qui negli ultimi sessant’anni la temperatura si è alzata di oltre un grado e questo ha generato fenomeni innaturali per le piante di caffè: le fioriture risultano anticipate e plurime, mentre sugli stessi rami si innervano i fiori bianchi e compaiono le ciliegie di caffè verde accanto ai frutti rossi maturi.
«La pianta non ce la fa», ci ha raccontato Don Francisco, coltivatore di caffè nella zona da 40 anni, «impiega molto più tempo a maturare, il raccolto è più scarso e dispersivo, le fioriture sono continue e richiedono cure costanti. Se prima andavamo al campo una volta, ora, con le temperature più alte, siamo costretti a venire nel cafetal molte più volte».
In condizioni di riscaldamento atmosferico le piante di caffè non solo producono meno, ma si ammalano anche più facilmente. La ruggine del caffè (la roya) è la malattia più invasiva degli ultimi anni e il suo impatto può ridurre la produzione fino al 50%. «È una vera piaga nel nostro territorio», ha affermato Romualdo Perez, responsabile commerciale dell’Asociación Chajulense. «Nel 2012 la raccolta dei nostri associati ha prodotto 48 container per l’esportazione; con la comparsa della roya già l’anno seguente i container erano solamente 28 e, dopo la pandemia che ci ha penalizzati perché le persone non potevano lavorare, nel 2021 siamo arrivati a soli 19 container».
Da non sottovalutare è anche l’alterazione dello schema delle precipitazioni. In passato le piogge si distribuivano nel periodo invernale, fino ad agosto, mentre ora sono irregolari, torrenziali ed estreme anche durante i mesi di raccolta, quindi da agosto a novembre e da gennaio a marzo. Questo può provocare tormente, frane, collasso di ponti che spesso bloccano gli accessi all’unica strada della zona e che richiedono lunghi ripristini, in un contesto in cui le infrastrutture sono già fragili. In questi casi le piante di caffè vengono disposte a terrazzamenti, vengono effettuate potature selettive e i terreni vengono tenuti puliti da foglie rami e detriti.
Oltre a essere una questione produttiva e ambientale preoccupante, il cambiamento climatico porta effetti significativi anche in ambito sociale. Il lavoro di raccolta nelle piantagioni è sempre più prolungato, faticoso e più costoso. In un simile contesto i giovani tendono a migrare negli Stati Uniti, rischiando di lasciare i cafetal senza nuove generazioni a prendersene cura. Anche per le donne si profila un cambiamento sociale, dal momento che si ritrovano a occuparsi sia delle comunità che delle piantagioni: oggi sono circa un 15% le donne proprietarie, ma in futuro potrebbero essere molte di più, con effetti sulle abitudini e le tradizioni.
Quanto vissuto dai contadini dell’Asociación Chajulense è analogo a ciò che si trovano ad affrontare milioni di agricoltori nel mondo, molti dei quali potrebbero essere tagliati fuori dal mercato perché incapaci di far fronte ai cambiamenti, favorendo così poche grandi realtà con maggiori risorse economiche. Eppure, come abbiamo raccontato con la campagna europea “Let’s do it fair”, molti produttori hanno sviluppato da tempo delle piccole soluzioni concrete per adattarsi, forti delle profonde conoscenze che hanno dei loro territori e delle materie prime che coltivano. Così stanno facendo anche i contadini del Guatemala.
Caffè e cambiamento climatico in Guatemala: esperimenti di adattamento
Secondo Fedecocagua, altra realtà equosolidale con cui collaboriamo e che riunisce oltre 20.000 coltivatori di caffè nel sud del Guatemala, tra le buone pratiche per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico vi è la riforestazione di alberi endemici, come i cipressi. Questi proteggono i raccolti, offrono ombra, nutrono il suolo e agiscono in riduzione delle emissioni.
«Durante la proliferazione della roya abbiamo perso metà dei raccolti», ci ha raccontato Gerardo de Leon, direttore commerciale di Fedecocagua. «Il potere della cooperativa è stato fondamentale: abbiamo acquistato massivamente strumenti per la fumigazione delle piante e abbiamo creato vere e proprie squadre di tecnici che una per una sono interventi in tutte le parcelas di caffè degli associati, utilizzando sostanze ammesse nella coltivazione convenzionale».
Ma il supporto dell’organizzazione non si è fermato qui. Da anni, infatti, si stanno selezionando e fornendo ai coltivatori nuove varietà di caffè per rinnovare gradualmente interi cafetales in grado di resistere alla malattia. Vengono, inoltre, attivati fondi e collaborazioni con molti attori internazionali, vengono sviluppate sinergie con realtà locali e si utilizza il premio fair trade per investimenti in qualità e formazione.
Fondamentale è anche l’innovazione tecnologica che porta a miglioramenti ambientali. «Alla cooperativa socia Acatenango siamo riusciti a installare un sistema innovativo verticale di despulpadora (il macchinario per separare le ciliegie dal chicco e la sua mucillagine) che usa molta meno acqua ed è molto più rapido, e un sistema di essiccazione a vapore con caldaie alimentate a legna recuperata da potature di alberi da ombra e dalle piante di caffè che vengono man mano rinnovate».
Quelle che possono sembrare piccole azioni, in verità rappresentano fonti reali di speranza per i tanti piccoli contadini che dipendono dalla coltivazione del caffè per la loro sussistenza. Come Altromercato sappiamo che l’obiettivo urgente è accompagnare i nostri produttori nella sfida del cambiamento climatico e lo facciamo sia attraverso i prodotti che realizziamo insieme a loro sia tramite attività di sensibilizzazione sul tema della giustizia climatica.
Anche tu puoi partecipare al nostro impegno.
Caffè e cambiamento climatico in Guatemala: esperimenti di adattamento
Secondo Fedecocagua, altra realtà equosolidale con cui collaboriamo e che riunisce oltre 20.000 coltivatori di caffè nel sud del Guatemala, tra le buone pratiche per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico vi è la riforestazione di alberi endemici, come i cipressi. Questi proteggono i raccolti, offrono ombra, nutrono il suolo e agiscono in riduzione delle emissioni.
«Durante la proliferazione della roya abbiamo perso metà dei raccolti», ci ha raccontato Gerardo de Leon, direttore commerciale di Fedecocagua. «Il potere della cooperativa è stato fondamentale: abbiamo acquistato massivamente strumenti per la fumigazione delle piante e abbiamo creato vere e proprie squadre di tecnici che una per una sono interventi in tutte le parcelas di caffè degli associati, utilizzando sostanze ammesse nella coltivazione convenzionale».
Ma il supporto dell’organizzazione non si è fermato qui. Da anni, infatti, si stanno selezionando e fornendo ai coltivatori nuove varietà di caffè per rinnovare gradualmente interi cafetales in grado di resistere alla malattia. Vengono, inoltre, attivati fondi e collaborazioni con molti attori internazionali, vengono sviluppate sinergie con realtà locali e si utilizza il premio fair trade per investimenti in qualità e formazione.
Fondamentale è anche l’innovazione tecnologica che porta a miglioramenti ambientali. «Alla cooperativa socia Acatenango siamo riusciti a installare un sistema innovativo verticale di despulpadora (il macchinario per separare le ciliegie dal chicco e la sua mucillagine) che usa molta meno acqua ed è molto più rapido, e un sistema di essiccazione a vapore con caldaie alimentate a legna recuperata da potature di alberi da ombra e dalle piante di caffè che vengono man mano rinnovate».
Quelle che possono sembrare piccole azioni, in verità rappresentano fonti reali di speranza per i tanti piccoli contadini che dipendono dalla coltivazione del caffè per la loro sussistenza. Come Altromercato sappiamo che l’obiettivo urgente è accompagnare i nostri produttori nella sfida del cambiamento climatico e lo facciamo sia attraverso i prodotti che realizziamo insieme a loro sia tramite attività di sensibilizzazione sul tema della giustizia climatica.
Anche tu puoi partecipare al nostro impegno.